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Un lavoro di inchiesta ad ampio raggio, per
denunciare pubblicamente le situazioni di sfruttamento ma anche per
analizzare i dispositivi di precarizzazione e il vissuto soggettivo
dei precari attraverso le loro stesse parole. Gli argomenti: I
parcheggi, tre anni dopo – Sfruttamento e guerra tra poveri: i
controllori dei controllori – Lavorare in camst tramite agenzia – Il
lavoro nero dei perimetrali – Hostess: il corpo si fa merce – Cinque
proposte per la dignità del lavoro in fiera – Protocollo di
sicurezza e rsl di sito – Il movimento dei precari degli anni ’80 [in
fondo i link ai diversi articoli]
La redazione di Zero in Condotta segue da ormai due anni la
questione della precarietà (ed in generale delle condizioni di
lavoro) nella Fiera di Bologna. Abbiamo pubblicato una prima piccola
inchiesta sulle condizioni di lavoro in alcune "aziende
satelliti" di BolognaFiere già nell’aprile 2007, con scopi
prevalentemente di disvelamento e denuncia di alcune situazioni di
sfruttamento spietato. In seguito abbiamo seguito la mobilitazione
sulla sicurezza dei dipendenti di BolognaFiere, sia nella fase di
mobilitazione, sia nell’accordo siglato dopo mesi di contrattazione
con l’azienda. Infine non abbiamo cessato di seguire con interesse la
vertenza dei parcheggiatori, ormai ex-parcheggiatori, che hanno
deciso di fare causa ai loro datori di lavoro chiedendo un
risarcimento per la situazione di assoluta irregolarità delle
condizioni di lavoro subita per anni.
Alla base di questo investimento editoriale sulla
questione del lavoro in Fiera c’è una molteplicità di elementi che
ci hanno portato a identificare la situazione della Fiera come
particolarmente significativa e interessante in un’ottica di
inchiesta sul precariato sociale bolognese.
Innanzitutto esiste un elemento quantitativo, banale
ma importante: la Fiera rappresenta un polo centrale nell’economia
della città ed è un luogo di lavoro che nelle giornate di punta
arriva ad interessare (sommando addetti alle biglietterie, maschere,
addetti informazioni, parcheggiatori, ristoratori, facchini,
security, addetti alle pulizie e innumerevoli altri servizi) anche
diverse migliaia di dipendenti, ovviamente frammentati in diverse
aziende.
In secondo luogo, nonostante la frammentazione e i
contratti di lavoro che spesso non superano i 10 giorni, per molti
giovani bolognesi la Fiera può rappresentare un punto di riferimento
lavorativo per anni. Non si tratta quindi solo di ragazzi che
lavorano in Fiera pochi giorni, disposti il più delle volte a subire
ogni tipo di trattamento o semplicemente non dotati degli strumenti
per ipotizzare una ribellione, ma anche di persone che per anni
legano parte della loro vita al lavoro in Fiera, a volte anche
passando da un datore di lavoro all’altro, ed hanno quindi la
possibilità di acquisire informazioni riflettere sulla natura del
lavoro in Fiera.
Un altro elemento estremamente interessante è la
coesistenza di elementi di frammentazione, ricattabilità e
addirittura personalizzazione del rapporto di lavoro tipici del mondo
del lavoro ultra-precario di oggi con elementi più classici legati
ad un’organizzazione tradizionale dei luoghi di lavoro grandi o
medio-grandi, come spogliatoi e marcatempo collettivi, bacheche
sindacali e altri meccanismi che in qualche modo tendono a favorire
la socializzazione tra i lavoratori e la formazione di coscienza
collettiva.
Infine non va dimenticata la specificità dei
dipendenti BolognaFiere. Si tratta di una categoria storicamente
combattiva, autrice di significative esperienze di autorganizzazione
e di conflitto negli anni ’80, e che mantiene tutt’ora una serie di
garanzie contrattuali e un meccanismo di rappresentanza sindacale
molto particolare, che prevede tra l’altro la possibilità per i
lavoratori di eleggere i propri delegati diretti a prescindere dai
sindacati.
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queste premesse è nata l’idea di un lavoro di inchiesta ad ampio
raggio, che servisse non solo a denunciare pubblicamente le
situazioni di sfruttamento, ma anche ad analizzare i dispositivi di
precarizzazione e il vissuto soggettivo dei precari attraverso le
loro stesse parole. Non ci interessava solo fotografare le varie
situazioni lavorative, insomma, ma anche e soprattutto la percezione
che il lavoratore ha di queste situazioni.
La scelta del Motor Show come occasione per la
nostra inchiesta sul campo non è ovviamente causale: si tratta della
Fiera con maggiore impatto mediatico ed economico sulla città, di
maggiori dimensioni (considerando area espositiva, durata della
manifestazione e affluenza di pubblico) e quindi di quella che
coinvolge lavorativamente il maggior numero di categorie e di singole
persone. Abbiamo però cercato di focalizzare la nostra attenzione su
figure lavorative che vengono impiegate in Fiera con una certa
continuità: l’obiettivo non era un’inchiesta sulle condizioni di
lavoro al MotorShow in specifico ma, come detto, sulla Fiera di
Bologna come luogo di lavoro.
Dalle varie interviste emerge un quadro estremamente
complesso e variegato. Dal punto di vista delle condizioni materiali
e dei diritti viene confermata l’assoluta eterogeneità delle diverse
situazioni lavorative, pur in una cornice comune di precarietà e di
salari modesti. Dal punto di vista delle soggettività, da alcune
interviste è emerso un quadro di tendenziale disinformazione
rispetto alle norme sul lavoro e spesso anche di accettazione più o
meno esplicita della condizione di sfruttamento. Ovviamente però
emergono anche punti di vista critici, consapevoli e di grande
interesse.
Abbiamo deciso di unire al lavoro di inchiesta
centrato sull’attualità anche un’intervista ad un ex-lavoratore
della Fiera protagonista della prima stagione di mobilitazione dei
precari, nell’ipotesi che la situazione attuale presenti aspetti di
novità assoluta ma anche aspetti di continuità con il passato e che
anche da uno sguardo ai movimenti degli scorsi decenni potessero
uscire spunti utili per il presente.
In questa versione on line si possono trovare le
versioni integrali delle interviste.
I files audio delle relative interviste si possono
ascoltare nell’archivio di ZIC alla pagina internet
http://www.zic.it/zic/articles/art_4206.html